This is a translation in Italian. You can also read the original English version.
February 17, 2021
24 Novembre 2020
Scritto da Jamal Nasir, Brooke Wolford, Kumar Veerapen per il COVID-19 HGI
A cura di Emi Harry, Atanu Kumar Dutta, Rachel Liao
Tradotto da: Francesca Colombo, Margherita Francescatto, Pietro Lio', Constanza Vallerga, Pasquale Striano (0000-0002-6065-1476)
Caveat: il COVID-19 Host Genetics Initiative (HGI) rappresenta un consorzio di oltre 1000 scienziati provenienti da oltre 54 paesi che lavorano insieme per condividere dati, idee, reclutare pazienti e divulgare i risultati delle ricerche. Per un'introduzione al progetto ed ai risultati del Luglio 2020, si rimanda al post specifico (inaugural blog post). La nostra ricerca è in progress ed i risultati sono periodicamente aggiornati nella sezione ‘results’ del sito web. Infine, se qualche vocabolo o concetto non fosse chiaro o poco familiare, inviaci un'e-mail a hgi-faq@icda.bio e saremo lieti di aggiornare le informazioni per far chiarezza. Nelle prossime settimane saranno rese disponibili ulteriori informazioni che spiegano concetti o terminologia. Nel frattempo, dai un'occhiata a questa risorsa (this) per rivedere le basi della genetica.
A luglio 2020 abbiamo riportato l’identificazione di varianti genetiche umane associate a casi COVID-19 severi (si vedano i risultati qui) e il prodotto dello studio di associazione genome-wide (GWAS) condotta in 3199 pazienti COVID-19 (casi) e 897499 controlli (maggiori informazioni sono disponibili in questo blog post). Da allora, combinando dati di 34 studi condotti in 16 nazioni, abbiamo aumentato di dieci volte il numero di individui, raggiungendo un totale di oltre 30000 casi COVID-19 e 1.47 milioni di controlli. Una lista dei collaboratori si trova qua. La composizione del dataset è mostrato nella Figura 1.
Figura 1: Definizione di casi e controlli per ciascuna delle analisi condotte nella nostra ricerca. SARS-CoV-2 è il virus che causa l’infezione COVID-19. Adattato dalla presentazione di Andrea Ganna sull’iniziativa COVID-19 HGI alla conferenza American Society of Human Genetics Meeting, tenutasi a Ottobre 2020.
Quali risultati sono cambiati aumentando la dimensione del campione? Siamo riusciti a dare robusta evidenza di associazione per sette regioni genomiche situate nei cromosomi 3, 6, 12, 19 e 21 e associate a casi severi di COVID-19 (Figura 2); in aggiunta è stati confermato un segnale nel cromosoma 3 che risulta associato a una suscettibilità parziale a COVID-19 (Figura 3). Riteniamo che i risultati significativi siano il risultato dell’alta qualità dei dati ricevuti dai nostri collaboratori. Molte di queste regioni sono state identificate dallo studio Genetics of Mortality in Critical Care (GenOMICC, Pairo-Castineira et al) che ha permesso di raddoppiare il numero dei nostri casi, particolarmente per quanto riguarda pazienti COVID-19 in condizioni critiche e ospedalizzati.
Le analisi genomiche più’ recenti hanno portato all'identificazione di importanti regioni del genoma in sette differenti porzioni cromosomiche che suggeriscono che il grado di gravità’ del del COVID19 possa essere attribuito alla disfunzione nella regolazione del sistema immunitario. Abbiamo condotto un'analisi per stabilire quanto queste regioni siano associate con il gruppo di pazienti più’ gravi (cioè’ quelli ricoverati in ospedale). La figura 2 mostra sei regioni localizzate sui cromosomi 3, 6, 9, 12, 19, and 21 (Figura 2) che contengono geni che regolano l'immunità’ o svolgono una funzione nella patologia polmonare.
Figura 2. Grafico “Manhattan” che mostra i risultati dell’analisi genomica (GWAS) di 8,638 pazienti affetti da COVID19 ospedalizzati in gravi condizioni rispetto a 1.7 milioni di persone sane analizzate come controlli. L'analisi ha identificato delle associazioni significative mostrate dai contorni in rosso attorno ai picchi al di sopra della linea orizzontale che rappresenta il valore soglia di p-value. Questi risultati si aggiungono a quello precedentemente riportato sul cromosoma 3. I loci sono contrassegnati con geni piu’ vicini di cui si conoscono le funzioni. Per ulteriori indicazioni si rimanda al relativo post.
Abbiamo replicato risultati ottenuti nel Luglio 2020 che avevano portato all'identificazione di correlazioni tra varianti genetiche sul cromosoma 3 e gravità’ delle condizioni e suscettibilità’ parziale in pazienti COVID19 (questa regione del cromosoma 3 e’ stata identificata anche in altri studi ad esempio Ellinghaus et al, Shelton et al, Pairo-Castineira et al, and Roberts et al.). Questa regione del cromosoma 3 contiene alcuni geni che codificano proteine coinvolte nel sistema immunitario, ad esempio CXCR6,* CCR1, CCR3, e * CCR9.
Ci sono delle varianti genetiche importanti in una regione vicina al gene FOXP4 gene che sono coinvolte nelle fasi iniziali del tumore del polmone. Le varianti trovate in associazione con la gravità’ dei sintomi della patologia COVID19 hanno una diversa frequenza in varie popolazioni umane. I genetisti usano le frequenze delle varianti genetiche per predire il loro potenziale effetto sulla patologia. Si suppone che più’ una variante e’ rara, tanto maggiore è’ la probabilità’ che accresca il rischio della patologia. La variante genetica prossima a FOXP4 e’ molto rara tra gli Europei (circa 1% della popolazione) mentre è comune nell'est asiatico (39%) e tra le popolazioni Ispaniche e Latine (18%); quindi, il suo effetto sulla patologia è ancora incerto. Abbiamo, inoltre, identificato una seconda regione sul cromosoma 6 nel complesso di istocompatibilità’, si tratta di una regione che contiene geni che producono proteine importanti per il sistema immunitario. Ciononostante permangono differenze nei vari studi riguardo a questa regione.
Recenti news hanno evidenziato che specifici gruppi sanguigni sono associati a forme severe di COVID-19 con il gruppo sanguigno A che aumenta tale rischio mentro il gruppo 0 sembra svolgere un effetto protettivo. Tale lavoro pubblicato su New England Journal of Medicine e preliminarmente dallo studio del gruppo 23andMe. Nel nostro first blog post abbiamo riportato che il COVID-19 HGI non ha identificato una regine sul cromosoma 9 associata ai gruppi ABO. Ora, raddoppiando la dimensione del campione, osserviamo in realtà un'associazione genetica protettiva in questa regione. Tuttavia, in modo simile all'associazione MHC osservata sul cromosoma 6, questa associazione era molto diversa tra gli studi e non siamo sicuri se questo segnale sia specifico per una determinata popolazione di pazienti.
Sul cromosoma 12, abbiamo identificato associazioni vicine al cluster di geni OAS che codificano per attivatori dell'enzima di restrizione antivirale con un ruolo protettivo contro il virus. È stato precedentemente dimostrato che le varianti genetiche in questa regione hanno un ruolo protettivo contro la leucemia linfocitica cronica.
Abbiamo identificato due regioni sul cromosoma 19. Il primo è vicino a DPP9, un gene associato ad aumento del rischio di fibrosi polmonare. Peraltro, la proteina DPP9 è strettamente correlata alla DPP4, proteina che influisce sulla capacità di un altro coronavirus di entrare nelle cellule umane, il virus che causa la sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS). L’altra regione genomica identificata sul cromosoma 19 include una variante genetica che è vicina al gene TYK2. Varianti di tale gene sono state precedentemente osservate in pazienti con immunodeficienza primaria, in cui un individuo ha una risposta ridotta alla stimolazione del sistema immunitario e una maggiore suscettibilità alle infezioni virali. Inoltre, una specifica variante genetica in TYK2 già associata a un ridotto rischio di alcune condizioni autoimmuni, come lupus ed artrite reumatoide, è risultata anche associata a decorso severo di COVID-19 nel nostro studio. Alcune terapie che hanno come bersaglio TYK2 e già utilizzate per alcune malattie autoimmuni potrebbero essere utili anche al trattamento del COVID-19. Tuttavia, ulteriori ricerche sono necessarie in quanto la variante genica in TYK2 ha un effetto protettivo per la malattie autoimmuni e di aumentato rischio per il COVID-19.
Cromosoma 21
Il locus genetico identificato sul cromosoma 21 è prossimo ai geni IFNAR2 e IL10RB. Questo segnale di associazione è particolarmente interessante poiché il gene IFNAR2 codifica per una subunità di un recettore dell’interferone importante per la risposta immunitaria antivirale. Alcuni studi clinici che prevedono terapie a base di interferone per i pazienti con COVID-19 nelle prime fasi della malattia sono attualmente in corso, ma rimane ancora molto da capire in merito. Un altro aspetto interessante è che alcune varianti genetiche associate ad una forma più grave di COVID-19 sono osservate più significativamente nelle femmine che nei maschi. Pertanto, stiamo cercando di migliorare il reclutamento dei soggetti, con il contributo dei partner all’Iniziativa, per dirimere al meglio eventuali artefatti legati al sesso nelle associazioni genetiche osservate nei pazienti ospedalizzati per COVID-19.
Il consorzio COVID-19 HGI ha svolto anche una analisi di associazione tra regioni cromosomiche e la suscettibilità parziale ad infezione da COVID-19 (ossia, quella che si rileva in pazienti positivi al COVID-19 che non vengono ospedalizzati). Abbiamo identificato regioni sui cromosomi 3, 9 e 21 (Figura 3). La maggior parte di queste regioni si sovrappongono a quelle identificate nella nostra analisi sulla severità del COVID-19 (figura 2). Ma abbiamo identificato anche una regione sul cromosoma 3 che contiene molti geni e non siamo sicuri di quali siano alla base di questa associazione (rettangolo rosso in Figura 3).
Figure 3. Manhattan plot che mostra i risultati dello studio GWAS sulla suscettibilità genetica al COVID-19 su 30.937 pazienti e 1.5 milioni di controlli. L’analisi ha identificato un’ associazione indipendente (indicata nel riquadro rosso tra i ‘picchi’ genetici che ‘supera’ la linea rossa orizzontale della soglia statistica (p-value threshold) nonché ulteriori regioni ‘di interesse’ sui cromosomi 3, 9 e 21. Per ulteriori dettagli si rimanda al nostro first blog post.
Il nostro sforzo collaborativo sta facendo luce sulla predisposizione genetica alla base dello sviluppo di forme più gravi di COVID-19. Tuttavia, è importante ricordare che, sebbene gli studi GWAS ci aiutino ad identificare le regioni genetiche associate alla patologia, ulteriori ricerche sono necessarie ad identificare quali sono esattamente i geni realmente coinvolti nel determinare la severità della malattia e comprendere i meccanismi biologici implicati.
Comunque, in accordo con altri studi, i nostri risultati aggiornati forniscono ulteriori prove a favore dell’ipotesi che le variazioni genetiche nel genoma umano possono avere un effetto sullo sviluppo di una forma più grave di COVID-19, probabilmente influenzando la risposta immunitaria della persona infettata dal virus SARS-CoV-2. Diversi gruppi di ricerca stanno usando i risultati ottenuti tramite questi studi GWAS per condurre ulteriori analisi (dette “di follow-up”) per scoprire i processi biochimici responsabili delle forme più severe di COVID-19. Queste analisi potranno fornire ulteriori elementi per comprendere meglio la progressione della malattia e quindi, da un punto di vista clinico utili per una migliore gestione dei pazienti. Le analisi di follow-up attualmente in corso aiutano anche ad individuare il singolo gene causale, quando una regione associata ha molti geni, come sul cromosoma 3, e ad identificare quali tessuti sono potenzialmente interessati da queste varianti genetiche (per saperne di più, leggi questo recente post sul blog degli scienziati).
Come dimostrato dall’aumento dei casi analizzati da luglio a ottobre, stiamo ampliando continuamente il nostro studio. Nel mese di Dicembre 2020 ripeteremo la nostra analisi su una coorte più ampia e, si spera, che tale analisi più estesa confermi le scoperte riportate in questo post e possa identificare nuove varianti genetiche associate alla COVID-19. Inoltre, stiamo affinando il modo in cui definiamo i casi e i controlli, per le analisi future. Attraverso questi ulteriori studi genetici speriamo di poter migliorare la comprensione di come le variazioni genetiche influenzano la gravità e, in parte, la suscettibilità alla COVID-19.
Si ringraziano Shea Andrews e Andrea Ganna per i commenti e la revisione del testo. Un riconoscimento speciale a tutti coloro che hanno contribuito in qualche modo allo studio (Figura 4).
Figura 4: Elenco dei collaboratori allo studio COVID-19 HGI [adattato da Andrea Ganna’s presentation al congresso dell’ American Society of Human Genetics (Ottobre 2020)].